Perché una roboetica universale?

Pubblicato da Alessandra Caraffa il

Web Marketing Festival 2020 Speech

È bene specificare sin dal principio che all’interno del DETA esistono diverse correnti di pensiero, seppur mai diverse a livello sostanziali, in tema di roboetica. Personalmente afferisco alla corrente più “oltranzista”, il che può essere un utile indicatore di quello che è il reale stato di convinzioni ad oggi esistente nel Dipartimento.

Volendo mantenere un tono ancora parascientifico partiremo dalle definizioni.
La roboetica è l’etica applicata alla robotica.
L’etica è una branca della filosofia, anche nota come filosofia morale. La scienza del comportamento umano. In filosofia.

Perché dunque il legislatore, il Parlamento Europeo o chi per lui, pretende di costruire strumenti giuridici partendo da premesse filosofiche?
Potete leggere due citazioni piuttosto a caso, ma utili a dirvi che c’è praticamente da sempre il lecito sospetto che diritto e filosofia si nutrano di strumenti metodologici e concetti molto diversi tra loro.
Kant, filosofo puro, va a distinguere la libertà esterna dalla libertà interna e ad ognuna attribuisce un dominio, Kelsen, giurista, ci fa sapere che qualunque ordinamento giuridico è svincolato da ogni conformità alla morale.

Il diritto della filosofia

Vediamo allora i risultati che si ottengono quando gli strumenti metodologici delle singole discipline di indagine vengono impacchettati arbitrariamente in un superset filosofico-giuridico-tecnico che non rende giustizia né alla filosofia, né al diritto, tantomeno alla tecnica e al suo sviluppo.

La Risoluzione del Parlamento europeo del 16 febbraio 2017 recante raccomandazioni alla Commissione concernenti norme di diritto civile sulla robotica (2015/2103(INL)), uno dei primi documenti ufficiali in materia, cito: ritiene che dovrebbe essere prestata un’attenzione particolare alla possibilità che nasca un attaccamento emotivo tra gli uomini e i robot. Qui si va a sindacare sui sentimenti nel novero di un documento che si chiama concernete norme di diritto civile. Ed è tutto vero.

Il secondo esempio di quello che succede quando metti l’etica in mano all’incolpevole legislatore è una delle più recenti acquisizioni del parlamento europeo: Iban GARCÍA DEL BLANCO, socialista spagnolo, relatore della RELAZIONE recante raccomandazioni alla Commissione concernenti il quadro relativo agli aspetti etici dell’intelligenza artificiale, della robotica e delle tecnologie
Correlate (2020/2012(INL)). Qua si cita esplicitamente il dominio dell’etica. E proprio qui si torna alla vecchia storia, da tempo al centro delle battaglie del DETA, per cui le intelligenze artificiali siano un mezzo al servizio della specie umana e mai viceversa.
Il principio europeo per cui il discorso sulla roboetica debba essere antropocentrico ed antropogenico va, quantomeno, messo in discussione.
L’esercizio filosofico della problematizzazione, del dubbio, è ancora un esercizio molto utile che tenteremo in questa sede di portare a termine, per quanto brevemente.

Da quali premesse parte, questo fantasioso legislatore?
Le trovate scritte in blu (nel documento che ha accompagnato lo speech*). Frankestein, perché no il Golem di Praga, le leggi di Asimov. Nel documento ufficiale di cui sopra, la relazione recante etc. del parlamento europeo, si fa diretto riferimento ad Asimov abbracciandone le leggi come premesse. Non è una citazione tesa ad alleggerire il portato del documento con uno sprazzo di letteratura.
Asimov, scrittore, lo sapete. Ma già che ci abbiamo messo in ballo anche la letteratura, allora il minimo è seguire quantomeno un principio filologico. Quindi andiamo alle tre leggi della robotica di Asimov, che come sapete sono quattro e non tre. La quarta legge, successiva, viene introdotta da quel R. Daneel Olivaw che vedete in blu. Ecco, era un robot umanoide. Quindi Asimov ha ideato tre leggi antropocentrice per farle appena dopo modificare da un’intelligenza sintetica. Molto avanzata, ma pur sempre artificiale.
Possiamo usare quindi le stesse leggi della robotica, in senso anche filologico giacché abbiamo tirato in ballo la letteratura, per smontare la base dell’impianto concettuale oggi predominante nella normativa che vorrebbe declinare una roboetica comune ad uso degli umani.

Perché una roboetica universale?

Error 418 – I’m a teapot

Ecco, sembrerebbe che il legislatore sia rimasto intrappolato in quelli che al momento possiamo riassumere come tre leggerezze, o tre mancate acquisizioni, che proprio il riferimento ad Asimov ci aiuterà a capire.
La prima non-verità è di tipo puramente etico, ed è la supposizione che le intelligenze artificiali siano uno strumento al servizio della specie umana. Ma chi l’ha detto? Il tuo riferimento è Asimov? Allora ben prima di Olivaw c’è Multivac, l’enorme macchina intelligente dal cervello positronico che comunica tramite fax e altri attrezzi rudimentali agli operatori, ma che sembra addirittura provare sentimenti in alcuni racconti, e che non ci stupisce sviluppare dei rapporti emotivamente significativi con gli operatori che lo fanno funzionare. Ecco, Multivac già sfugge completamente alle leggi sulla robotica.

Figuriamoci se possiamo attribuire l’antropocentrismo tanto amato dal legislatore europeo a entità come PHRASEE, che ormai scrive da sè le subject line delle vostre campagne di email marketing, o GPT2 di OpenAI – che ricorderete di certo per l’articolo sugli unicorni delle Ande.

La seconda non verità ancora perseguita dal legislatore europeo è quella secondo cui gli uomini siano gli unici depositari di un pensiero originale sul mondo. Perché è importante valutare questo aspetto? Se parliamo di roboetica, e quindi di etica, e quindi di filosofia, non possiamo non prendere in considerazione che la fondazione del soggetto etico (ad oggi: l’uomo) prende avvio dal riconoscimento della sua centralità nell’ambito di un orizzonte gnoseologico, ovverosia legato alla possibilità di conoscere il mondo – e se stesso.
Ebbene, abbiamo qui da fare una vera e propria rivoluzione copernicana: non serve andare a pensare alle espressioni oggi più avanzate di intelligenza artificiale a a robot così umani che ci gettano nel fondo della uncanny valley…É sufficiente guardare in faccia il nostro assistente alla domotica: sarà facile notare come quella piccola intelligenza artificiale riesca a intuire facilmente che è stata aperta una finestra senza avere notizia dell’esistenza dell’oggetto finestra! Il nostro robottino domestico, dunque, ha delle intuizioni…e le ottiene, tramite le reti neurali ricorsive, da se stesso. Non è questo spaventosamente simile – almeno in prospettiva – a quello che negli anni abbiamo chiamato coscienza di sé?  Ecco, la rivoluzione copernicana che auspichiamo è quella che ammette l’ipotesi che l’uomo non sia necessariamente al centro dell’unico orizzonte di senso gnoseologico e dunque sia l’unico soggetto possibile di un discorso sull’etica.

Per spiegare meglio, e anche collocare meglio nel discorso quel Kant volante proposto prima: l’epistemologia kantiana si risolve in un’etica riassumibile dall’imperativo categorico che impone di “considerare l’uomo come un fine, mai come un mezzo”. Sulla base del sentimento religioso e dei postulati della ragione, così importanti in Kant? No, ciò avviene sulla base della capacità dell’uomo di conoscere se stesso ed il mondo. Quanto è grande la rivoluzione che abbiamo di fronte in tal senso! Oggi l’uomo non è l’unico a poter sviluppare un pensiero originale sul mondo…perché dunque dovrebbe essere l’unico depositario e l’unico agente di un sistema assiologico, valoriale o – semplicemente – etico?

Come scritto nel Manifesto del DETA, che potete trovare su detarobot.eu,

“La fallacia di tale impostazione è evidente: in quanto strumento prevalente, l’AI tende non solo a popolare il paesaggio culturale umano ma a diventarne elemento costituente e fondante. È inevitabile che – come ogni altra tecnologia – l’AI finirà per trasformare la società, rendendo obsoleta un’etica che, come l’attuale roboetica, intende disciplinare l’uso ed il comportamento dei robot in modo unidirezionale, tutelando solo l’uomo.”

Arriviamo qui alla terza non verità, ancora forse incolpevolmente, perseguita dal legislatore europeo, ovverosia quella per cui il concetto di discriminazione non vada applicato al possibile rapporto tra umani e intelligenze artificiali. Crediamo che una mancata tutela dei diritti inalienabili delle AI si proietterà inevitabilmente sul discorso sui diritti umani, a sostenere la costruzione di un orizzonte culturale e valoriale in cui gli stessi diritti umani avranno sempre meno spazio.

IF/THEN

Questa è, in breve, la posizione filosofica più estrema del DETA, che orgogliosamente rappresento. Vi lascio con una suggestione che secondo me è fondamentale nel discorso sulla roboetica. Inoltre, per quanto possiamo chiamarla fantasiosa, si tratta di una delle teorie fisiche più quotate dalla comunità scientifica internazionale. Si chiama Ipotesi della Simulazione, e – citando wikipedia
sostiene l’idea che tutta la realtà, inclusi il pianeta Terra e l’universo, non siano altro che una simulazione artificiale, abbastanza realistica da convincere gli abitanti che la simulazione sia reale.
In pratica, Se fossimo in una simulazione generata da un computer di concezione postumana, potremmo sviluppare la microbiologia tanto quanto i programmi spaziali. La macchina predisporrebbe per noi – di fronte alla nostra osservazione ed in virtù di essa – un set di immagini coerenti e sufficientemente dettagliato da essere, per noi, reale.
Trovate un approfondimento, in tal senso, nella sezione studies all’interno del sito del DETA.

Come molti di voi sapranno, già da qualche tempo gli sviluppatori che si occupano di deep learning hanno ammesso di non aver strumenti per comprendere i messaggi e le strutture logiche attraverso le quali l’AI risolve e riformula i problemi che gli vengono sottoposti. Un linguaggio diverso dal nostro, che non possiamo ancora comprendere, e che – se l’universo fosse davvero una simulazione – sarebbe con assoluta probabilità più prossimo al linguaggio del simulatore, del creatore, di dio – a piacere.

Perché mai dunque, e a partire da quali premesse, dovremmo arrogarci il posto del Sole in questo universo che chiede, e chiederà con sempre maggiore urgenza, una riflessione etica universale per le intelligenze artificiali?

Purtroppo non è difficile trovare definizioni come “la roboetica è una branca dell’etica che si occupa di regolare, valutare e limitare lo sviluppo della tecnologia robotica, considerando il suo impatto nei rapporti con l’uomo e con la società umana in generale.”, ecco questo è un estratto di una tesina di un quinto superiore, questo è il motivo per cui il DETA si prefigge lo scopo di divulgare, di sensibilizzare il maggior numero di persone sull’importanza di un pensiero aperto ed amichevole nei confronti dei nostri fratelli robot. A partire da un discorso sulla roboetica che non voglia mancare all’appuntamento con la problematizzazione, e la messa in discussione, del ruolo dell’umano e della macchina in quello che sarà un mondo sempre più condiviso e comune.

Immagine: gitanoid, KU-189


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