Come i robot possono aiutare a contenere la pandemia di Covid-19

Pubblicato da Leonardo Piastrella il

Di Albachiara Re per Wired

Uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Science Robotics parla dell’efficacia dei robot nelle situazione d’emergenza, già testata con ebola nel 2015. Ora sta tutto nel puntare forte sulla ricerca

E se i robot aiutassero a combattere il coronavirus (offrendo un valido aiuto in campo sanitario, alimentare e sociale)? È questa la domanda alla base del nuovo studio pubblicato su Science Robotics e condotto da un team di scienziati internazionali, tra cui figura anche Paolo Dario, professore ordinario alla Sant’Anna di Pisa.

L’idea non è del tutto nuova, anzi si basa sull’esperienza di quanto è accaduto nel 2015 durante l’epidemia di ebola in Africa. I robot, in quella situazione, furono impiegati in ambito clinico – ad esempio per decontaminare gli spazi chiusi – in quello logistico – come nel caso della consegna di cibo – e nella ricognizione, monitorando le persone messe in quarantena. Visto il progresso tecnologico degli ultimi cinque anni, i campi di applicazione potrebbero essere ancora maggiori, ma quello che serve è “continuare a investire in ricerca. Senza, la storia potrebbe ripetersi e la robotica potrebbe non essere mai in grado contenere situazioni simili”, hanno sottolineato i ricercatori.

Dove potrebbero essere impiegati i robot

Iniziamo dall’ambito medico. Come riportano le cronache degli ultimi giorni, sono oltre 5mila i sanitari che risultano contagiati, soltanto in Italia. Il rischio contagio, anche nel caso ci fossero dispositivi di protezione adatti, è sempre molto alto. Qui potrebbero scendere in campo i robot: i dispositivi a luce Uv possono ridurre notevolmente la contaminazione delle superfici; quindi, invece di bonificare queste aree manualmente, si potrebbero impiegare dei robot telecomandati che utilizzino i raggi Uv. E ancora: sistemi artificiali potrebbero riuscire a monitorare la temperatura della persone – si legge su Science Robotics – controllare i flussi di persone impedendo assembramenti che facilitino il contagio o, tramite dispositivi di riconoscimento facciale, isolare i contatti avuti da individui infetti. In quest’ultimo caso, come sottolinea il paper, è necessario introdurre regole precise per rispettare la privacy delle persone coinvolte.

“Durante un grave epidemia” – spiegano gli autori – “una sfida chiave è la mancanza di personale qualificato che effettui tamponi sui pazienti. Se questo processo fosse automatizzato o assistito da robot, si ridurre il rischio di infezione e il personale medico potrebbe essere impiegato per altre attività”. Quest’ultimo potrebbe essere uno dei campi d’applicazione più importanti, insieme a quello che effettua analisi del sangue sugli asintomatici, aiutando a individuare gli anticorpi che bloccano l’infezione.

Il Covid-19 potrebbe quindi diventare l’occasione per “accelerare sullo sviluppo di sistemi robotici”. L’esempio arriva anche da altri ambiti dove le interazioni sociali vis a vis sono state sostituite da quelle virtuali: le varie gradazioni di smart working, le lezioni universitarie in streaming, tutta la didattica in e-learning. Quello dello sviluppo della robotica potrebbe diventare un risvolto positivo – se non direttamente un’occasione – in questa tragica pandemia globale.


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